Si può essere religiosi prim’ancora che cristiani, mussulmani, buddhisti, …? Direi di si! Per riconoscere le ragioni degli altri è quasi indispensabile adottare un punto di vista neutrale.
Swami Vivekananda diceva: “I malvagi vedono quest’universo come un inferno, i parzialmente buoni lo vedono come un paradiso, mentre gli esseri perfetti lo realizzano come Dio stesso. Soltanto quando un uomo vede quest’universo come Dio, il velo gli cade dagli occhi; è allora che l’uomo, purificato e pulito, si ritrova con l’intera visione del mondo mutata”.
E noi, come lo vediamo?
L’ambito di pertinenza della spiritualità è unicamente quello soggettivo. Tuttavia per soggettività non s’intende la sfera privata intesa come contrapposizione a quella pubblica, bensì la propria interiorità. Quindi, sebbene analoghi come concetti, ambito soggettivo ed ambito privato sono due contesti diversi. Le religioni che operano sul privato avvalendosi della sfera pubblica compiono un atto certamente legittimo, ma purtroppo non più prevalentemente spirituale.
Coloro che vivono unicamente nella propria periferia psicologica stentano, loro malgrado, ad afferrare il senso della suddetta distinzione. Noi stiamo parlando di religiosità e non di religioni. E la religiosità non ha confini. Non è limitata ad una determinata cultura o società e non può essere circoscritta dalla metafisica. Il Dio della religiosità è innanzitutto essenza divina. E’ sia trascendente che immanente, sia personale che impersonale.
Nel mondo non v’è nulla di profano. E’ tutto sacro. Le apparenti commistioni tra sacro e profano, le loro reciproche presunte interferenze, sono solo diversivi, il gioco perpetuo tra le parti adottato per procrastinare il trastullo medesimo. La vita è una. Le esperienze non vi saranno mancate. Operare discriminazioni indica, soltanto, che l’egoismo ha prevalso sull’amore per il prossimo, sulla compassione. Eppure basterebbe un po’ più di fiducia appena per ritrovare rapidamente il senso degli insegnamenti spirituali originari!
La luce non si raggiunge con la menzogna o tentando di sfruttare i propri simili. La luce è stata sempre lì. Le religioni dovrebbero esporre insegnamenti per aprir davvero gli occhi e non per chiuderli. Chi non ha fiducia in se stesso non può amare il proprio prossimo. Vero, ma chi diffida del prossimo non potrà nemmeno amarlo …
Chi è che diffida? Colui che non avendo “esperito” ha sempre più paura. Avverte inconsciamente che la sua fine si avvicina rapidamente. Siamo sempre in procinto di concludere. Eppure abbiamo la netta sensazione di non aver ancora nemmeno iniziato. Quando sarà giunto il momento nessuna implorazione o preghiera riuscirà ad eludere le circostanze. Ed egli, l’individuo generico cui mi riferisco in astratto, non ha nulla di concreto. Ha investito tutte le proprie risorse psicologiche in una religione fatta di meri concetti mentali. Si era illuso di sapere, di capire, di avere operato per il meglio. Si, non vi sono dubbi che non fosse in buona fede. Per l’appunto, in buona fede. Ma l’aveva trascesa? O era rimasto ancorato a dei semplici concetti? L’idea del suo Dio, dei suoi testi sacri. Il nostro Dio, i nostri testi sacri, siamo noi, è tutta quella gente là fuori ansiosa di condividere fiducia, rispetto, reciprocità.
Tuttavia, affinché tali disquisizioni non diventino anch’esse nuove teorie, è utile rammentare che si tratta di semplici opinioni e non di dottrine con cui identificarsi ulteriormente. Altrimenti non faremmo che sostituire una concezione con un’altra. L’unico bene rifugio ove rilassarsi è vivere una vita attenta, equilibrata e consapevole. Ma è una cosa così semplice! Dov’è la novità?
La differenza consiste nell’approccio della religiosità che oltre a rifuggire da qualunque tipo di dogmatismo per basarsi essenzialmente su aiuto reciproco e buon senso, privilegia la consapevolezza come valore primario della propria spiritualità. Religiosità è consapevolezza che la vita è un dono dell’assoluto e che gli eventuali errori commessi nei confronti degli altri sono, innanzitutto, mancanze verso la propria coscienza, se stessi. E quindi riguardo l’umanità, l’universo intero o, se preferite, l’essenza divina, giacché noi siamo pure l’umanità, l’intero cosmo, una minuscola e infinitesima particella che riflette tanto il noto quanto l’ignoto. Da siffatto atteggiamento nascono vera fiducia e sane motivazioni rivolte esclusivamente al progresso, allo sviluppo, alla crescita.
Divenendo più consapevoli della nostra interiorità tenderemo ad essere più totali. Ci riuscirà sempre più difficile operare distinzioni tra bianchi e neri, cristiani e islamici, opulenti e ricchi da una parte, povera gente dall’altra. Nord e Sud sono tutt’uno. Il quesito che dovremmo porci, quindi, è come riuscire ad essere un po’ più consapevoli. Ma per non dilungarci troppo ne parleremo in seguito.
Religiosità è ricerca soggettiva in itinere. Pluralismo è coesistenza interpretativa. E non v’è nulla che in ambito spirituale possa prevalere perché le battaglie tra eserciti contrapposti, fedi, credi o venali interessi di predominio, si svolgono, esclusivamente, sul piano secolare.
L’articolo è del 2004. Grazie per la cortese attenzione.